Oggi per La Stampa il professor Strata risponde a qualche domanda di Gabriele Beccaria che presenta il suo libro “Dormire, forse sognare”. Non sappiamo ancora tutto sul sonno ma la scienza sta continuamente dando nuove risposte.
Se solo imparassimo a dormire… Sottoporremmo l’organismo alla migliore manutenzione possibile e daremmo al cervello le migliori chance di restare in salute il più a lungo possibile. Ma in genere facciamo il contrario e ci buttiamo in un tunnel di cui non abbiamo consapevolezza. Per scoprire quanto è buio e pericoloso ora c’è una guida preziosa. Si intitola «Dormire, forse sognare. Sonno e sogno nelle neuroscienze»: edito da Carocci, è stato scritto da Piergiorgio Strata, tra i più famosi neuroscienziati italiani e oggi professore emerito all’Università di Torino. Sotto la sua guida il sonno – perduto o riconquistato – diventa un territorio strategico per le nostre esistenze, non meno di quello rappresentato dallo stato di veglia.
«Si tratta di una transitoria perdita dello stato di coscienza».
Qual è il meccanismo?
«È una modificazione del dialogo tra i neuroni della corteccia, come rivelano gli esperimenti più recenti. Lungo i 176 mila km delle nostre autostrade cerebrali cambia il ritmo di attività del milione di miliardi di semafori rossi e verdi e, quindi, la viabilità dei segnali viene sconvolta».
Che cosa significa per uno scienziato «sconvolta»?
«Come fa notare Michael Gazzaniga, il cervello sveglio è un attento osservatore e funge da fenomenale interprete di ciò che ci accade intorno. Che sia una mela o un volto, noi guardiamo e interpretiamo. Ma, se la viabilità è alterata, questo processo non può verificarsi».
E siamo così intenti a interpretare da rubare sempre più ore al sonno: con quali conseguenze?
«Non dormire abbastanza o avere una cattiva qualità del sonno procura all’organismo danni molto gravi. Danni che sono tra le scoperte più recenti – e sorprendenti – delle neuroscienze».
CONTINUA A LEGGERE SU LASTAMPA.IT