SOGNI E SONNO

SOGNI E SONNO

Articolo del professor Piergiorgio Strata pubblicato su La Chiave di Sofia – Rivista di Filosofia Pratica

L’evoluzione della vita sulla terra ha dovuto fare i conti con la necessità di adattarci all’alternanza fra luce e buio. Si è così sviluppato un cervello che alterna uno stato di coscienza, la veglia, con uno stato di sonno. Questi quadri dipendono strettamente dal tipo di attivi­tà della corteccia cerebrale, un sottile strato con un’im­mensa ferrovia che alberga 20 miliardi di cellule nervo­se, i neuroni, dotati di 176.000 km di fibre (assoni) che comunicano fra loro attraverso un milione di miliardi di contatti, le sinapsi. Queste sono come semafori ver­di quando trasmettono il segnale oppure come semafori rossi quando lo frenano.

L’analisi quantitativa del metabolismo cerebrale ci dimo­stra che anche allo stato di riposo, sotto anestesia e du­rante il sonno, il cervello è sempre attivo in maniera ben strutturata. La sua attività oscilla in continuazione al­la frequenza di un ciclo ogni dieci secondi ed è presen­te in regioni diverse della corteccia e fra loro correlate. Ad esempio l’area che controlla la mano destra è sincro­na, ma di segno opposto, a quella della mano sinistra; ciò avviene nella persona in stato di rilassamento mentale anche in assenza di movimenti. Tale organizzazione con­sente a gruppi di neuroni anche lontani di entrare in atti­vità in maniera coordinata. Nell’insieme il cervello, come un aereo con i motori accesi sulla pista pronto al decollo, ci appare sempre alla ricerca di un oggetto del suo pen­siero e quando entra nel sonno genera il sogno che ci fa vivere in un mondo che esce dalle regole della razionali­tà e ci introduce in una dimensione illogica e irrazionale.

La prima domanda che ci dobbiamo porre è quella di sa­pere quante sono le ore di sonno in una persona che non subisca influenze dall’ambiente. L’esperimento fu ese­guito nel 1938 da Nathaniel Kleitman e il suo studen­te Bruce Richardson i quali vissero per 32 giorni in una profonda e buia caverna nel Kentucky, negli Stati Uniti. La durata del sonno risultò essere di circa 9 ore con un ritmo sonno-veglia di poco più di 24 ore. Oggi sappiamo su base genetica che alcune persone, dette “gufi”, so­no più a loro agio la sera e tendono ad andare a letto più tradì, al contrario di coloro che chiamiamo “allodole” che sono molto in forma la mattina presto.

Mentre durante la veglia la corteccia è impegnata senza tregua nell’orchestrare le nostre attività quotidiane, du­rante il sonno si verificano fenomeni che sono essenzia­li per la nostra salute e la vita stessa. Proprio nel sonno si intensifica l’eliminazione dei detriti del metabolismo delle proteine che sono fonte di malattie come il terribi­le morbo di Alzheimer. Ricerche recenti hanno ben do­cumentato come la carenza di sonno indebolisca il siste­ma immunitario esponendoci alle infezioni. Questi dati emersero già nel 1983 in uno studio condotto su rat­ti da Allan Retschaffen, il quale notò che in seguito al­la soppressione di sonno dopo un paio di settimane ol­tre a perdere peso negli animali si manifestavano ulcere infette nel profondo della cute. Un altro esperimento è stato eseguito recentemente su 164 esseri umani volon­tari tenuti in isolamento per un periodo congruo a ga­rantire che fossero sani. Successivamente, monitorando la quantità di sonno con apposito braccialetto, si è osser­vato che coloro che dormivano almeno sette ore avevano una probabilità di ammalarsi del 17,2%, percentuale che arrivava al 45,2% in chi dormiva meno di cinque ore.

Il sogno emerge dall’attività dei neuroni della corteccia cerebrale, gli stessi che durante la veglia sono alla base del­lo stato di coscienza. Il suo contenuto, a meno di un im­provviso risveglio, non rimane nella memoria e questo per non interferire con le nostre importanti memorie diur­ne. Inoltre non è mai una riproduzione fedele di un pen­siero tipico della persona in stato di veglia. Al contrario è come se frammenti di varie storie venissero messi insieme per creare un nuovo contenuto del sogno e pezzi di puzz­le diversi trovassero il modo di incastrarsi fra loro e crea­re nuovi quadri di eventi mai vissuti. Per nostra fortuna il contenuto del sogno non rimane nella memoria a meno che non vi sia un improvviso – anche se breve – risveglio.

A questo proposito è interessante il racconto descrit­to dal farmacologo Otto Loewi di un sogno dal quale è scaturito un progetto che lo ha portato ad una scopertapremiata con il Nobel. Nella sua autobiografia raccon­ta che alla vigilia della Pasqua del 1920, alle tre di not­te si svegliò e scrisse qualche appunto su quanto aveva sognato. Dopo aver ripreso il sonno, alle ore sei si sve­gliò nuovamente, ma non riuscì a decifrare quanto aveva scritto in quello che appariva uno scarabocchio. La notte successiva, alle ore tre, ancora un sogno: si trattava di un progetto di esperimento per dimostrare la possibile na­tura chimica della trasmissione sinaptica. Si precipitò in laboratorio ed eseguì con successo l’esperimento.

Racconta anche che era nel 1902 quando aveva iniziato a focalizzare la sua attenzione su questo problema che lo aveva accompagnato con continuità negli anni. Dunque per circa venti anni Loewi, forse quasi ogni giorno, elaborava l’argomento e ogni volta una piccola traccia veniva aggiun­ta al bagaglio delle sue memorie a lungo termine. Questo ingente patrimonio ha rafforzato un circuito che è diventa­to talmente potente da prevalere frequentemente sugli al­tri. Durante quel sogno il cartello dell’esperimento ave­va vinto. È molto verosimile che il sogno dell’esperimento sia stato vissuto più volte negli anni precedenti, tuttavia, i sogni non seguiti da risveglio non emersero allo stato co­sciente e non entrarono nella memoria a lungo termine.

Nel sogno non si ripercorrono eventi della vita passata e neppure si sognano progetti per il futuro: i sogni ci fan­no vivere nel presente. Non sogniamo mai di raccontare a qualcuno che ci ascolta che cosa abbiamo fatto la sera precedente o dove abbiamo trascorso le nostre vacan­ze e neppure che cosa faremo la prossima domenica. Le esperienze sono prevalentemente di tipo visivo. Tuttavia, non si tratta di andare al cinema oppure di osservare pas­sivamente che cosa fanno gli altri: il sogno quasi sem­pre ci coinvolge in prima persona come principali attori, spesso in luoghi e con persone a noi familiari.

Secondo la psicoanalisi di Sigmund Freud, il sogno sareb­be la realizzazione allucinatoria durante il sonno di un de­siderio rimasto inappagato. Come ha fatto notare Eric Kandel, Premio Nobel, il maggior limite di Freud fu quel­lo di non aver adottato le regole del metodo scientifico, metodo che invece non manca nella psicoterapia pratica­ta correntemente. Una particolare forma sono i cosiddetti sogni lucidi: durante questi sogni, gli individui che dormo­no entrano in uno stato in cui sono consapevoli di sognare e possono talvolta controllare gli eventi del sogno stesso.

Il cervello è sempre alla ricerca di un oggetto del suo pensiero e quando entra nel sonno genera il sogno. Dunque il cervello è sempre in attività e mantiene la sua grande curiosità, la sua voglia di lavorare, agire, capire, scoprire, raggiungere obiettivi. Nonostante la tempora­nea sospensione dei rapporti in entrata e in uscita con il mondo esterno continua la sua avventura sempre pron­to a far partire i suoi progetti. E quando non dominano messaggi che provengono dal mondo esterno, il cervello elabora e cerca di fornire un significato a quanto in quel momento ha a sua disposizione.