Nel 2020 la prima « causa di malattia o comunque di assenza dal lavoro sarà lo stress»: lo denuncia l’Agenzia europea per la sicurezza e la salute sul lavoro. Come per il dolore, anche nel caso dello stress al centro c’è un meccanismo fisiologico di difesa, in cui cambiano i parametri funzionali di un organismo sano per affrontare un’emergenza. Fuggire di fronte a un incendio è un esempio di stress fisico (stress buono), che serve a «mobilizzare» riserve energetiche per affrontare la situazione. Questo diventa nocivo, invece, quando perdura nel tempo, trasformandosi in forma cronica (stress cattivo). Lo stress equivale alla formazione di un disagio interno: oggi domina quello di tipo psicologico, spesso legato allo status socio-economico, che si crea in varie situazioni di precarietà, sfaldamento dei rapporti familiari, disoccupazione. In questi casi si apre la strada ad un ampio spettro di possibili malattie. Uno dei rimedi contro lo stress cronico put) essere la meditazione. Lo propone la prestigiosa rivista «Scientific American», con un articolo firmato da due neuroscienziati, Antoine Lutz e Richard J. Davidson, e un monaco buddista e biologo cellulare, Matthieu Picard: tutti concordi nell’affermare che le pratiche contemplative producono una moltitudine di benefici, sia per il corpo sia per la mente. Nel 2005, al congresso della Society for Neuroscience, tenutosi a Washington, al quale erano presenti 35 mila persone e dove era stato invitato a parlare il Dalai Lama, un gruppo di scienziati protestò, tentando di impedire l’ingresso proprio alla massima autorità buddista. Non si riteneva opportuno che la religione entrasse nel tempio della scienza. La conferenza, però, si tenne lo stesso e il Dalai Lama propose di studiare il cervello di chi pratica la meditazione.
[SU QUESTO PUNTO IL TEOLOGO E GIORNALISTA GIANNI GENNARI HA SCRITTO UN COMMENTO SU AVVENIRE NELLA RUBRICA LUPUS IN PAGINA]L’idea era già stata avanzata negli Anni 80, quando venne fondato il «Mind and Life Institute» per diffondere una nuova disciplina, la «neuro-scienza della contemplazione». Così, per un quindicennio, oltre 100 monaci buddisti e altri praticanti laici hanno partecipato a una serie di esperimenti scientifici all’Università di Wisconsin-Madison e in altre 19 università. I dati vennero paragonati con quelli di altri individui che non l’avevano mai praticata o l’avevano iniziata da poco. Questa immensa mole di studi ha rivelato che la meditazione era efficace per combattere la depressione e il dolore cronico, portando gli individui a uno stato di benessere. La scoperta dei benefici della meditazione si spiega bene con le recenti scoperte che dimostrano come il cervello adulto possa essere profondamente modificato attraverso l’esperienza, un processo chiamato «neuroplasticità». Anche se nulla cambia nell’ambiente circostante, la meditazione regola gli stati mentali e permette di raggiungere una forma di arricchimento interiore, un’esperienza che agisce sulla stessa struttura fisica del cervello. L’evidenza ha cominciato a mostrare che possono aumentare le connessioni di alcuni circuiti cerebrali, producendo effetti salutari non solo sulla mente e il cervello, ma su tutto l’organismo. I neuroscienziati hanno cominciato, così, a sondare ciò che accade nel cervello attraverso l’«imaging», identificando le regioni che si attivano nella quattro fasi prese in considerazione: un episodio di «mente errante», un momento di consapevolezza della distrazione, una fase di ri-orientamento all’attenzione e una ripresa di attenzione focalizzata. In ciascuna fase sono coinvolte strutture cerebrali diverse. Gli studiosi hanno poi messo a confronto questi individui con i vari livelli di esperienza raggiunti: i veterani, con oltre 10 mila ore di meditazione, non hanno bisogno di alcuno sforzo nel mantenere l’attenzione focalizzata, come accade agli sportivi o ai musicisti nel momento di massima concentrazione. In questi momenti (quelli di «mindfulness») l’individuo non viene stressato da altri eventi esterni e li ignora, raggiungendo uno stato di consapevolezza non reattiva. L’amigdala, che produce gli stati di paura e ansia, presenta una ridotta attività. Si registra, inoltre, una riduzione della produzione degli ormoni coinvolti nello stress, i glicocorticoidi. E anche stato dimostrato un aumento di volume e delle connessioni delle aree frontali, fondamentali per le decisioni razionali. Uno studio pubblicato poche settimane fa da parte di un prestigioso team americano ha dimostrato che sono sufficienti poche ore di training meditativo per aumentare l’efficienza della conduzione degli assoni tramite le modificazioni della mielina. Un fatto è quindi certo: le pratiche contemplative possono avere un impatto sostanziale sui processi biologici fondamentali per la salute fisica e mentale. Per chi non ha tempo e opportunità di affrontare in modo sistematico un percorso di meditazione è auspicabile, comunque, un percorso per riappropriarsi del corpo e della mente in modo autentico: che sia una camminata in montagna, un’ora di silenzio, una sosta in una spiaggia deserta d’inverno. Piccole-grandi occasioni, anche se per molti non sarà facile.